L’esperienza della progettazione di un centro cottura all’interno di un parco mi ha portato alla decisione di rendere l’edificio rappresentativo delle attività che accoglie. La vetrata anteriore verso il parco, che poggia come tutto l’edificio su un basamento, nero, infatti comunica il processo lavorativo interno a partire dal lato destro: i servizi, bianco, la dispensa, giallo, la cucina, rosso, il lavaggio, blu, il confezionamento, verde (i mezzi sono elettrici). I colori come è intuibile sono simbolici, ma lo sono anche secondo un altro registro, quello del parallelo tra le attività di trasformazione: l’architettura, la cucina e l’alchimia, come descritto nei testi successivi. Il processo è più importante del risultato e quindi viene di seguito descritto secondo tre colonne: a destra la materia alchemica, al centro il cibo e sulla sinistra l’architettura.
Attraverso l’impegno del mestiere ho forse raggiunto la consapevolezza di quanto i processi che ci conducono alla concezione dell’architettura, abbiano origini irrazionali. Supponiamo di essere coscienti della genesi dei nostri progetti, e spesso descriviamo il percorso e le ragioni che fondano le nostre idee. In realtà non ne conosceremo mai l’origine. Ciò che invece mi pare di avvertire, e ritengo di accettare, è il caos, l’oscurità dell’origine delle idee.
Sappiamo bene quanto l’architettura agisca per trasformazione: dei materiali, dei luoghi, della forma, ma l’incontro con un edificio per preparare cibo, mi ha messo di fronte in maniera più profonda ed appassionata all’analogia fra le due discipline: l’architettura e la cucina, anch’essa eminentemente metamorfica. Mentre pensavo l’edificio, la lettura di uno scritto di James Hillman: “Psicologia alchemica”, mi ha condotto ad un’altra disciplina che, dialogando con le due precedenti, ci fa strada: l’alchimia, protagonista, prima della nascita del metodo scientifico, delle arti di trasformazione, ed alla lettura psicologica che ne è stata data da Carl Gustav Jung ed in seguito da James Hillman.
La cucina e l’alchimia seducono l’architetto perché la materia, il fuoco, i recipienti, il sorvegliare, il pazientare, rispecchiano le modalità del progettare. L’agire nel giusto tempo (il kairos greco), né cronologico, né atmosferico, ma opportuno, e nella giusta misura, tenendo aperti gli occhi dell’anima, ci consentono di scomporre e ricostituire le immagini per arrivare al nuovo, che al contempo sia antico, ricco delImmaginazionela sostanza originaria degli ingredienti (tempo passato), ma anche di quella dei risultati ottenuti (tempo presente).
Marguerite Yourcenar in L’opera al nero, si riferisce nei seguenti termini all’alchimia: “Si discute tuttora se tale espressione venisse applicata ad audaci esperimenti sulla materia o se si riferisse simbolicamente al travaglio dello spirito nell'atto di liberarsi dalle abitudini e dai pregiudizi. È probabile che sia servita a indicare alternativamente o simultaneamente l'uno e l'altro.”
Che l’architettura trasformi l’architetto, credo sia un fatto.
P.G. 04.08.2022
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Il tema mi ha portato ad una riflessione sul senso profondo della trasformazione visto attraverso il colore. L’ottica impiegata, lontana da quella scientifica, senza ovviamente negarla, trova le proprie radici nell’interpretazione psicologica operata da Carl Gustav Jung e di seguito ripresa ed approfondita da James Hillman, della corrispondenza tra il processo di trasformazione alchemica e quello di individuazione psicologica. Già il percorso aperto dall’alchimia nei secoli precedenti alla sua evoluzione in chimica moderna nel XVIII secolo, con Newton, presupponeva implicitamente la trasformazione interiore dell’alchimista durante le operazioni sulla materia. Con Jung, negli scritti “Psicologia e alchimia” e “Mysterium Coniunctionis”, si giunge alla consapevolezza della corrispondenza fra trasformazione alchemica e psicologica.
Hillman, riprendendo Jung, ci conduce all’abbandono del linguaggio inaridito della tradizione psicologica, attraverso “un altro metodo per immaginare le proprie idee e i propri procedimenti”. L’immaginazione è quindi la guida per raggiungere l’armonia tra la psiche ed il cosmo.
Proprio l’immaginazione si pone alla base di queste considerazioni, attraverso l’analogia con le fasi alchemiche, caratterizzate dalla sequenza dei colori: dal nero della Nigredo, al Blu alchemico, passando per il verde della Viriditas, fino al bianco dell’Albedo ed attraverso il giallo della Citrinitas, al rosso della Rubedo: l’Opus compiuto.
Il parallelismo con la cucina e l’architettura, stimola la riflessione interiore sull’immagine, emblema della trasformazione, poiché “l’individuazione della nostra anima richiede il riconoscimento dell’individualità dell’anima presente nelle cose” (Hillman). Nel linguaggio figurato dell’alchimia, inoltre, la materia ed i mezzi per operarne la trasmutazione: il sale, lo zolfo ed il mercurio, i recipienti e, soprattutto il fuoco, sono strettamente apparentati con il fare artistico.
P.G. 06.08.2022
Spesso, quando chiudo gli occhi e sto per addormentarmi, percepisco immagini molto chiare ed altrettanto fuggevoli, che posso distinguere solo in quei momenti e per poche frazioni di secondo. Un fatto simile accade quando i miei occhi, mentre fissano un’immagine e la vedono con precisione, riescono, nella visione periferica, con la “coda dell’occhio” a cogliere presenze sfuggenti. Descrivere la qualità delle visioni, sia nel primo che nel secondo caso, non è semplice. Questo è il punto: sia le immagini che ci giungono dall’interno, che quelle provenienti dall’esterno, hanno un carattere indefinibile, quasi inafferrabile, che credo sia proprio ciò che le rende affascinanti. Sono simili alle immagini dei sogni. Il fatto però che sia possibile per noi giungere a queste visioni con un atto parzialmente volontario, al contrario di ciò che accade nei sogni, ci offre una porta d’accesso alle forze archetipiche e ci permette di avvicinarci a ciò a cui aneliamo nell’operare: attingere alla purezza nella profondità dell’inconscio, lontani dai condizionamenti culturali. L’immersione nel colore e nella materia nell’elaborazione di questo progetto, mi ha permesso qualcosa di simile: l’accesso ad un diverso modo di procedere, libero dai vincoli dell’abitudine, dal linguaggio consueto, dalla prigione della razionalità. Mi ha permesso un modus operandi fenomenologico. L’antica massima greca: “salvare i fenomeni”, come ricordava Hillman, significa viverli e non tradurli per non inaridirli. Significa essere aperti attraverso i sensi agli stati dell’anima.
Ricordo una poesia di Fernando Pessoa, che descrive con precisione questi avvenimenti:
Quale voce viene sul suono delle onde
che non è la voce del mare?
E' la voce di qualcuno che ci parla,
ma che, se ascoltiamo, tace,
proprio per esserci messi ad ascoltare.
E solo se, mezzo addormentati,
udiamo senza sapere che udiamo,
essa ci parla della speranza
verso la quale, come un bambino
che dorme, dormendo sorridiamo.
Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e solo c'è il mare.
P.G. 08.08.2022
Manerbio (BS), 2018 - 2021
Progetto architettonico:
Paolo Greppi
Collaboratore:
Andrea Guarneri
Progetto layout cucina:
Strutture:
Stefano Bergomi
Impianti:
Adriano Vendramin
Bruno Lorenzini
Crediti fotografici:
Paolo Greppi
Importo dei lavori edili ed impiantistici:
Euro 407.500,00
Oneri per la sicurezza:
Euro 24.500,00
Totale lavori:
Euro 432.000,00
Stato:
realizzato