Le idee che danno vita al progetto sono da attribuire (nel rispetto della Nota pastorale della commissione episcopale per la liturgia, del 1996) alla riflessione sugli esempi antichi, messi a confronto con la condizione a noi contemporanea - non è possibile replicare il passato, anche se insigne - e soprattutto con il luogo intenso della Cattedrale e con l'ergon, che la liturgia, il servizio da rendere a Dio, nel suo mistero, emana. L'ergon è opera collettiva, non ci sono protagonisti e spettatori e i suoi fuochi fisici sono proprio i manufatti richiesti nel bando di concorso: entità la cui apparenza potrà essere analizzata razionalmente all'infinito senza ricavarne che interpretazioni critiche, compositive o espressive, ma insufficienti a cogliere il loro vero e pieno ruolo che é interamente emotivo, quasi epifanico. I fuochi liturgici sono interpreti della Parola - l'ambone - e del Calvario e della Mensa pasquale - l'altare, e vanno, come ogni mistero, vissuti, non capiti. Questo è il motivo per cui attraverso le parole non è possibile chiarire più di tanto e, forse, neanche attraverso i disegni, nonostante le immagini si possano in qualche modo avvicinare ad essere, per traslato, sustanza di cose sperate.
La relazione del presbiterio con l'assemblea è sbilanciata dal fatto che l'area presbiteriale risulta circa sessanta centimetri al di sopra della quota dell'aula. Inoltre sia l'ambone che l'altare vengono in parte coperti alla vista dall'assemblea, dal parapetto in marmo esistente a delimitazione del presbiterio. Sia l'ambone che l'altare devono essere quindi figure emblematiche autorevoli, in modo da poter giungere, oltre che con la propria collocazione spaziale, con la forza delle proporzioni e con la materia, ad un attenuamento della contrapposizione tra assemblea e celebrante.
E' stata ricercata un'appropriata relazione tra i due poli liturgici. In pianta i due volumi sono allineati sul retro e l'apertura della scala dell'ambone è diretta verso l'altare, alla ricerca di una linea sintagmatica biunivoca. L'ambone "ascolta e ricorda" l'altare, ma "pronuncia" anche la Parola verso la mensa, che rimane comunque il focus del presbiterio. La scelta materica per i manufatti è caduta sul granito sardo per analogia con i pilastri dell'edificio. Sarà decisione successiva decidere tra Granito Bianco Sardo, Grigio Sardo o Rosa Beta, per intonare attraverso la sostanza ed il colore, i nuovi volumi con l'interno dell'aula. A contrappunto, il candelabro per il cero pasquale viene pensato in maiolica smaltata bianco e oro e ricotta con velature di cristallina, come la custodia eucaristica, elementi risuonanti sullo sfondo dinanzi al quale vengono collocati. Ambone e altare seguono, poi nella composizione un processo di accumulazione segnica, descritto in seguito, per reggere il confronto con la forza e la stratificazione storica dell'aula e mutuano lo spessore delle lastre che li compongono dalle nervature dei pilastri della Cattedrale. Nel caso dell'altare, viene adottata la stessa misura delle gole dei pilastri polistili per proporzionare la fuga tra la mensa e il basamento. Per i colori di contrappunto ci si riferisce all'oro dell'altare di Sant'Antioco e alle tegole in maiolica delle cupole dell'edificio.
L'altare, segno del mistero di Cristo, posto nella parte centrale del presbiterio è il culmine dell'intera composizione e quindi dell'intero edificio. Senza altare non è possibile parlare di chiesa. L'interpretazione del tema sacro che condensa in sé la mensa del sacrificio e del convito pasquale, avviene attraverso una composizione di ventiquattro parti (numero biblico simbolico): ventitré lastre di granito e una teca di vetro che custodisce la Reliquia. Gli ordini che le governano sono sette e il gravare - gravitas inteso sia come gravità statica, che come importanza, dignità - dei pesi sovrapposti che culminano nella croce che regge la mensa sono metafora del mistero di Cristo, come anche il forte chiaroscuro nello stacco tra corpo e mensa dell'altare. Le dodici parti principali sono i fronti (primo ordine nell'elaborato grafico) e le coppie di lastre disposte a croce che li collegano (quarto ordine), seguono altre parti di raccordo (terzo e quinto ordine) e un supporto (secondo ordine) che regge la croce orizzontale (sesto ordine) sulla quale è posata la mensa (settimo ordine). Come prescritto nella Nota pastorale della commissione episcopale per la liturgia, del 1996, l'altare ha base quadrata e le sue dimensioni rispettano quelle richieste dal bando. I fronti, uguali, sono quattro e rappresentano i quattro punti cardinali segno della universalità cosmica della redenzione. La Reliquia, protetta da una teca in vetro molato fissata alla lastra in granito che la regge, si presenta sul prospetto verso l'aula liturgica, di fronte alla croce, su un livello leggermente più basso: in questo modo assume il dovuto rilievo, ma al contempo i fronti del manufatto rimangono, come prescritto dalla Nota pastorale della commissione episcopale per la liturgia, tutti ugualmente importanti. La contiguità della Reliquia alla croce rimanda alla relazione tra l'unico martirio redentore di Cristo e il martirio partecipato dei suoi discepoli che hanno lavato le vesti candide nel sangue dell'Agnello. Una sola è la lastra della mensa. Le cinque croci sulla mensa rievocano le cinque piaghe di Cristo. (non disponendo delle dimensioni della Reliquia le si è ipotizzate; se dovessero essere diverse occorrerà riproporzionare la composizione).
Il carattere dell'ambone è già in parte contenuto nell'etimologia del termine che si riferisce ad andare sopra, salire. Dal presbiterio, per raggiungere il ripiano ove si proclama la Parola, si devono salire sette gradini - numero che ricorda l'eternità e la perfezione di Dio. La sua collocazione, protesa verso l'assemblea, viene accentuata dal fatto che il volume superiore appaia sospeso al di sopra del parapetto esistente. In tal modo il monumentum, pur restando nel presbiterio, diviene vero e proprio cardine tra area presbiteriale ed aula liturgica. L'ambone (monumentum resurrectionis) è pensato come metafora del sepolcro di Cristo, il luogo da dove è stata proclamata la lieta Parola (euanghelion) del Risorto. Il volume rappresenta in maniera anagogica il sepolcro aperto; per questo, lo spazio tra le quattro citazioni dai vangeli sul fronte assume forma di croce greca.
La composizione e le proporzioni conferiscono al monumento l'eloquenza necessaria a far riecheggiare la Parola anche nel silenzio dell'edificio vuoto. Sul fronte, i testi tratti dai Vangeli:
«...adoraverunt eum» (Matth. XXVIII, 9)
«...surrexit, non est hic» (Mar. XVI, 6)
«...mane nobiscum» (Luc. XXIV, 29)
«...et vidit et credidit» (Ioh. XX, 8)
sono relativi alla resurrezione e sono appositamente composti in modo da non essere di facile lettura - non si vuole qui essere didascalici - ma da poter divenire "forma" e metafora della Parola. I caratteri, nella loro frammentarietà, fatta di reticenze, aferesi e sincopi grafiche, possono apparire segnati dal tempo, come fossero antichi, ma al contempo anche divenire manifestazione della Parola che si origina, imminenza della rivelazione che si sta producendo.
Come sul fronte sono riportati frammenti dai Vangeli, sulle sommità dei quattro prismi - i Pilastri degli Evangelisti - attorno a cui ruota tutta la composizione, sono riportati, allegoricamente, i nomi in latino degli animali che, in passato, hanno simboleggiato gli Evangelisti: homo, vitulus, leo e aquila: Matteo, Luca, Marco, Giovanni. Viene a costituirsi, in questo modo, un tetramorfo con i quattro Evangelisti che, avendo messo per iscritto la Parola di Dio, ne garantiscono la continuità e ne difendono la Verità. Come nelle antiche cattedrali gli Evangelisti attorniano la figura di Cristo, qui, partendo dal basso e salendo verso l'alto, sostengono la mandorla, simbolo di Cristo, incisa in oro sulla sommità del candelabro in maiolica, che, per crasi, viene fuso con la composizione dell'ambone. Risulta evidente il riferimento a San Girolamo, per il quale il tetramorfo sintetizza la totalità del mistero cristiano: Incarnazione (l'uomo alato), Passione (il bue), Resurrezione (il leone) e Ascensione (l'aquila) e dunque simboleggia le quattro fasi della vita di Cristo: nato come uomo, morì come un vitello sacrificale, fu leone nel risorgere e aquila nell'ascendere (fuit homo nascendo, vitulus moriendo, leo resurgendo, aquila ascendendo). Inoltre, per traslato, il più basso dei simboli, l'uomo, aspira a salire, seguendo la spirale dorata attorno al candelabro, verso Dio, secondo l'allegoria cristologica di illustri esempi storici di candelabri a tortiglione doppio. La prossimità del mare induce a sovrapporre la forma di un nautilus a quella di una spirale aurea - portata da Fra Luca Pacioli, nel De divina proportione, ad esempio della perfezione di Dio - per giungere, con la riflessione, attraverso la concinnitas della composizione, al rapporto tra l'armonia del Creato e la perfezione del Creatore. La spirale, trattata in colore oro, non é però visibile nella sua completezza dall'occhio umano, ma solo dall'alto: a Dio non si giunge con la logica umana. La curva, poi, sulla sommità del candelabro, approssimandosi a Dio, per costruzione geometrica e funzione matematica, potrebbe continuare all'infinito, se non fossero la materia o la limitata capacità percettiva dell'occhio umano ad impedirlo: proprio per questo si avvicina al punto più alto della composizione: verso la mandorla.
L'andamento avvolgente della voluta, si fa metafora della colonna di fuoco. I testi incisi sono memoria dei segni che ancora si leggono sui conci delle apparecchiature murarie delle cattedrali gotiche, sigle realizzate da artigiani, cavatori, scalpellini che facevano riferimento a diverse classi e finalità; cifre di cava, che avevano come finalità quella di indicare la provenienza del materiale; simboli che indicavano la contiguità delle pietre da posare o il loro spessore. In sinestesia con la lettura, si avvertono le quattro tonalità di grigio, verde, arancio e bianco avorio provenienti dalla maiolica delle cupole della Cattedrale.
La custodia eucaristica, come secondo alcuni modelli della tradizione cristiana, riproduce, con procedimento anagogico, l'architettura in scala ridotta di una chiesa: il principio teologico da cui si ispira, infatti, è l'antico adagio "L'Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l'Eucaristia" (Eucharistia facit Ecclesiam et Ecclesia facit Eucharistiam). Nel nostro caso si tratta proprio della Cattedrale di Santa Chiara, evocata nei suoi tratti essenziali. Il dovuto risalto viene attribuito alla facciata, che raffigura in bianco e oro le decorazioni del prospetto della chiesa. Si suggerisce la collocazione di due o quattro banchi di fronte all'altare di Sant'Antioco, per l'adorazione personale.
Non essendo a conoscenza delle dimensioni del fonte battesimale si può solo suggerire che, con misure contenute, la collocazione ideale sarebbe all'interno del primo vano a sinistra dell'ingresso. Se le dimensioni sono maggiori il luogo più adatto potrebbe essere al di fuori del vano stesso, di fronte alla porta. In entrambi i casi si sottolinea l'importanza dell'ubicazione in quest'area, poiché in prossimità dell'ingresso all'edificio chiesa che simbolicamente é anche l'ingresso alla Chiesa. Non ha senso per questo motivo pensare ad una posizione prossima alla cappella di San Giovanni Battista, anche se simbolicamente corretta.
L'organo ed il coro verranno posizionati, come comunicato nell'incontro avvenuto in Cattedrale, nella Cappella dell'Altare del Crocefisso, motivo per il quale si è deciso di collocare la custodia eucaristica nella Cappella di Sant'Antioco.
La sede del presidente non Vescovo non è oggetto di concorso.
Per il proporzionamento esatto di altare, ambone e custodia eucaristica, nel caso di realizzazione del progetto, è consigliabile la collocazione temporanea di modelli in legno compensato che riproducono i manufatti da realizzare, in scala 1:1 in loco, per verificarne il rapporto con l'interno dell'edificio, prima di passare alla realizzazione.
Per l'ambone e l'altare vengono utilizzate lastre in granito Bianco Sardo o Grigio Sardo o Rosa Beta massello di differenti spessori, da 4 a 28 cm, finite, verso l'esterno, con bocciardatura fine sulle superfici di maggior dimensione e con spazzolatura - per ottenere un effetto vellutato - sulle teste, in modo che la bocciardatura possa arrivare fino al perimetro delle lastre (se le teste fossero anch'esse bocciardate tale lavorazione non potrebbe giungere agli spigoli per il rischio di rottura degli stessi). Le parti delle lastre che possono più frequentemente entrare in contatto con il corpo - ad esempio, nell'ambone, le superfici verticali che delimitano la scala o la superficie orizzontale ove si posano le mani durante la lettura e nell'altare, la mensa - sono anch'esse trattate con spazzolatura, più gradevole al tatto. In alcune porzioni dell'ambone e dell'altare viene impiegato un trattamento color oro per entrare in relazione con l'apparato ligneo dell'altare della Cappella di Sant'Antioco. Tale trattamento viene eseguito previo ribassamento di qualche millimetro della lastra, in modo tale che non si logori con l'usura del calpestio. I testi scavati nel granito vengono colmati con resina trasparente colorata in quattro tonalità di grigio, verde, arancio e bianco avorio, in riferimento alle tegole in maiolica delle cupole della Cattedrale. Il candelabro per il cero pasquale e la custodia eucaristica sono in maiolica trattata con smalto bianco e oro e ricotta con velature di cristallina. Nel caso della custodia eucaristica gli spigoli vengono trattati con una quantità inferiore di smalto in maniera da lasciar intravvedere la terracotta sottostante, allo stesso modo in cui, negli spigoli dell'altare di Sant'Antioco resta evidente il colore del legno sottostante. All'interno della custodia, per garantirne l'inviolabilità, si trova una scatola in ferro rivestita di velluto. L'anta in maiolica dorata è dotata di serratura.
I materiali scelti e sopra descritti sono evidentemente durevoli e resistenti alle condizioni di temperatura e umidità presenti all'interno dell'aula. Necessitano di semplici operazioni di manutenzione che si riducono a semplice spolveratura e pulizia, attuabili da personale non specializzato. Per quanto riguarda la sicurezza, la scala dell'ambone presenta alzate da sedici centimetri, come quelle della scala per accedere al presbiterio, un corrimano laterale all'altezza di un metro ed il parapetto della zona di lettura dell'altezza di un metro e due centimetri. Tutti gli spigoli dei manufatti sono smussati.
Concorso per la progettazione e realizzazione dei nuovi poli liturgici della Cattedrale di Iglesias
Concorso, Iglesias (CI), 2013
Luogo:
Iglesias, Carbonia
Committente:
Diocesi di Iglesias
Progetto:
Paolo Greppi
Liturgista:
Don Gianandrea Di Donna
Artista:
Fausto Salvi
Collaboratori:
Mauro Rossi
Simone Brioni
Stato:
progetto di concorso