Paolo Greppi
Un progetto con Álvaro Siza
(Tesi di laurea, 1993)
Lezione presso il Laboratorio di progettazione 2° annualitàDocenti: Raffaello Cecchi e Vincenza LimaMilano, PolitecnicoA.A. 1997-1998Paolo Greppi
(Tesi di laurea, 1993)
Lezione presso il Laboratorio di progettazione 2° annualitàDocenti: Raffaello Cecchi e Vincenza LimaMilano, PolitecnicoA.A. 1997-1998Questa lezione racconta un'esperienza ed un progetto, svolti nel confronto e sotto la supervisione di Álvaro Siza tra il 1991 ed il 1993, anno della mia laurea.
In quei due anni ho vissuto a Porto e frequentato lo studio di Álvaro Siza e la FAUP (Faculdade de Arquitectura da Universidade do Porto), preparando la mia tesi, conclusasi nel 1993, con un progetto per la mia città: Brescia.
Il tema consiste in una nuova definizione per un’area industriale dismessa (ex Atb – Comparto Milano) e propone progetti per abitazioni, un centro diurno per anziani, un asilo nido, un parco urbano ed una Facoltà di architettura con i relativi servizi, una biblioteca, un museo e ed auditorium polifunzionale.
I relatori sono Álvaro Siza per la FAUP e Pierluigi Nicolin per il Politecnico di Milano.
I disegni che seguono illustrano il progetto.
In calce si trova il testo della relazione, scritto nel 1993.
Mappe storiche (T01)
Schizzi di studio: impianto generale (T03)
Schizzi di studio: impianto definitivo (T03)
Planimetria Scala 1:5000 - Progetto (T02)
Planimetria Scala 1:200 – Stato di fatto (T04)
Planimetria Scala 1:200 – Progetto (T05)
Schizzi di studio: Facoltà di architettura (T06)
Schizzi di studio: Facoltà di architettura definitiva (T06)
Planivolumetrico Scala 1:500 - Progetto (T07)
Pianta livello 1 – Quota m + 0.50 – Scala 1:200 (T08)
Pianta livello 2 – Quota m + 4.00 – Scala 1:200 (T09)
Pianta livello 3 – Quota m + 6.00 – Scala 1:200 (T10)
Pianta livello 4 – Quota m + 9.50 – Scala 1:200 (T11)
Pianta livello 5 – Quota m + 13.00 – Scala 1:200 (T12)
Pianta livello 6 – Quota m + 16.50 – Scala 1:200 (T13)
Pianta livello 7 – Quota m + 20.00 – Scala 1:200 (T14)
Pianta livello copertura – Quota m + 23.50 – Scala 1:200 (T15)
Prospetti e sezioni – Scala 1:200 (T16)
Prospetti e sezioni – Scala 1:200 (T17)
Prospetti e sezioni – Scala 1:200 (T18)
Prospetti e sezioni – Scala 1:200 (T19)
Prospetti e sezioni – Scala 1:200 (T20)
Dettagli – Scala 1:50 – 1:2 (T21)
Schizzi di studio - Approfondimento architettura (T22)
Schizzi di studio: Facoltà di architettura, corpi degli atelier definitivi (T22)
Schizzi di studio - Approfondimento architettura e spazi interni (T23)
Schizzi di studio - Approfondimento architettura e spazi interni: cilindro dell'atrio, biblioteca e museo, definitivo (T23)
Schizzi di studio - Approfondimento architettura e spazi interni: corridoi di distribuzione delle aule, definitivo (T23)
Veduta aerea (T24)
La Facoltà di Architettura, di cui allego il programma (elaborato sulla base di quello della nuova Facoltà di Architettura di Porto e con l'ausilio delle normative dell’UNESCO) è concepita tenendo presente l'attuale dibattito per la riforma dell'insegnamento nelle Facoltà di Architettura in Italia. Dibattito non scevro da contraddizioni: da una parte il non poter ammettere "consistenti diversificazioni in senso specialistico per un'eventuale segmentazione delle competenze professionali" e dall’altra "la soluzione di proporre ben cinque corsi di laurea:
Architettura (obbligatorio in ogni facoltà);
Disegno Industriale;
Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale;
Progettazione del Paesaggio;
Storia e Conservazione dei Beni Architettonici ed Ambientali."
Questa facoltà, nelle intenzioni, si propone come inizialmente dipendente dal Politecnico di Milano (in seguito, dopo una fase di rodaggio e di definizione del proprio carattere, potrà raggiungere l'autonomia) e, sinteticamente si definisce con queste caratteristiche: data la dimensione (18.000 mq per 1000 persone) che, secondo vari esempi storici e attuali, è ideale, viene negata un'organizzazione per dipartimenti (adeguata e ormai necessaria a livello di organizzazione architettonica per Facoltà di maggiori dimensioni) e l'insegnamento si struttura attorno alle discipline del progetto (idea sostenuta da molti componenti della commissione per il nuovo ordinamento italiano).
In sintesi, la Facoltà funziona come un doppio dipartimento (Architettura e Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale), lasciando ad altre necessarie scuole (magari concepite nello stesso modo in altri punti strategici del territorio), un carattere imperniato sulle discipline del Disegno Industriale e su quelle Storiche e della Conservazione. L'insegnamento è strutturato su classi di cinquanta-sessanta persone (anche questo in accordo con le direttive della commissione) dove fondamentale è la qualità del rapporto fra corpo docente e studenti soprattutto nei laboratori di progettazione ("l'accresciuta importanza assunta in questi stessi anni dalla dimensione progettuale di ogni area disciplinare rispetto all'esclusività della dimensione analitica dei due decenni precedenti..."). Ultima condizione fondamentale è che la produzione della cultura universitaria deve essere "incentrata soprattutto nei due momenti paralleli della didattica e della ricerca, integrati fra loro per l'appunto in quanto complementari, piuttosto che resi incomunicanti dalla sopravvivenza di concezioni superate di facoltà omnicomprensive". Dopo una selezione delle aeree di possibile intervento sul centro storico e sull'immediato contorno della città l'ipotesi di progetto si è fissata sull'area industriale dismessa a sud-ovest del centro storico, fra l'antica cerchia delle mura e il cimitero neoclassico (1815). In particolare il progetto insiste su una parte di quest'area (ex ATB), per le sue caratteristiche potenziali di cerniera urbana tra il centro storico e tutta l'area industriale dismessa che verrà, probabilmente, in futuro occupata da funzioni miste (terziario, commercio, residenza). L'organismo della Facoltà di Architettura si attesta nella parte nord del lotto secondo una origine tipologica a corte che però si apre e si articola verso il parco per permettere un miglior rapporto visivo e fruitivo con esso e resta chiusa verso la strada per rispettare il fronte costruito dall'edilizia ottocentesca al di fuori delle mura venete ed isolare le funzioni che necessitano di maggior tranquillità, rivolte all’interno. Il corpo cilindrico dell'ingresso-biblioteca-museo serve anche da foyer per l'auditorium che è ruotato di 45° rispetto al resto degli edifici e che è concepito per funzionare a piena capienza per 700 persone (conferenze, congressi), oppure diviso in due aule per la Facoltà (396 posti e 296 posti). A sud dell'area si insediano due stecche di abitazioni in linea di cinque piani che racchiudono nello spazio tra loro compreso un centro per anziani e un asilo nido. Lo spazio di interfaccia tra le abitazioni e l'università e tra il centro storico e l'ex area industriale a ovest è costituito da un parco: luogo di sosta e di riposo, ma anche spazio che, per la varietà delle attività sociali e delle relazioni morfologiche che la struttura dell'intervento fa convergere su di esso, sostiene e conferisce senso a tutto il progetto. In altre parole, il parco, funziona come catalizzatore di relazioni sociali che riscattino la zona e la rendano viva cerniera tra città storica e nuova espansione. La posizione dell'ingresso per la Facoltà e per l'auditorium, nel corpo cilindrico sul fondo del parco, è studiata specificamente sotto questo punto di vista, oltre e naturalmente che per dare maggior valore all'architettura in sé. La logica di questa operazione prende come modello la fondazione del Palazzo della Loggia (1492), sempre a Brescia, che, per gli stessi motivi fu disposto all'estremità della nuova Piazza Loggia, appena all'esterno delle mura. Un ultimo accenno al percorso di maggior importanza: parte da sud-est mettendosi in relazione con uno slargo e una via che conduce alla stazione (a sud) e, attraverso la corte interna delle abitazioni e il parco, ruota, sempre come percorso pubblico, attorno al corpo d'ingresso della Facoltà di Architettura per condurre a nord l'insieme dell'edificio cilindrico e dell'auditorium, che per quanto detto apparirebbe come edificio isolato; in realtà non lo è: infatti un sistema di percorsi ipogei, che sfruttando le differenze di quota del terreno sono illuminati da luce naturale, lo collega ai restanti edifici universitari. Ritengo che, portare un percorso pubblico all'interno di luoghi da sempre concepiti come istituzioni chiuse, in questo caso un organismo universitario, sia un artificio necessario per creare un nuovo frammento urbano che, senza violenza insediativa, voglia entrare nella memoria e nell'uso collettivo della gente.
Premessa e sostegno di tutto l'intervento è la conscietà che la serie di operazioni politiche e di gestione di questo tipo di pianificazione che potremmo definire col termine di microurbanistica o di "progetto strategico" o di "progetto speciale", non hanno una sede unica e chiara e per le quali la Giunta municipale deve essere adeguatamente preparata. Infatti "sullo stesso territorio nell'ambito dello stesso programma si incontrano misure tanto differenti come la concessione delle licenze edilizie, le trattative per l'acquisizione dei terreni da una proprietà spesso frammentaria, la gestione della rete viaria, del traffico, dei servizi, delle infrastrutture e il trattamento degli spazi a verde."
(N. Portas)
A livello municipale inoltre devono coesistere le condizioni per la programmazione, il coordinamento e soprattutto il controllo e la gestione continuativa nel tempo di tutto il progetto per far sì che non si verifichi uno scollamento tra il piano iniziale e il progetto realizzato. Questo tipo di intervento vuole tenere conto, contemporaneamente, di una ristrutturazione e riutilizzazione funzionale dell'area (attività pubbliche o private, servizi), di un recupero architettonico degli spazi pubblici (costruiti, non costruiti, di relazione), di una riappropriazione sociale e culturale da parte dei gruppi che si insediano o entrano in relazione con l'area. Si tratta di una attitudine strutturale e non di una semplice operazione di maquillage, e neppure di un cieco inserimento su strutture fisiche esistenti di nuovi interventi che non ne leggano né i caratteri generali né le particolarità.
Credo che una parte fondamentale del problema riguardi l'ermeneutica del luogo, ovvero la capacità del progettista di leggere e rispettare tutte le caratteristiche umane, sociali, economiche, morfologiche, architettoniche e naturali del luogo dove si inserisce il piano: "partendo da pezzi isolati, cerchiamo lo spazio che li sostiene."
(Á. Siza)
Occorre anche porre attenzione ad ogni spazio interstiziale come terreno di interventi puntiformi che costituiscono i nessi che radicano il progetto. E occorre andar oltre; il piano deve essere denso: risolvere l'area che fisicamente occupa ma contemporaneamente essere un elemento rigeneratore delle parti di città ad essa contigue, leggere e contenere l'esistente, ma prevedere le trasformazioni. L'integrazione fisica e sociale di ogni parte del piano nel tessuto urbano deve creare sequenze di spazi pubblici e siti più o meno eterogenei, ma sempre testimoni di memorie collettive (amplificazione di tracce storiche, segnalazione e mantenimento delle vicende passate).
In sintesi: il piano (nella forma e nelle dimensioni del caso specifico che stiamo trattando) deve essere creatore di differenze, concepito come somma di progetti che vivono dell'equilibrio tra la loro singolarità e l'appartenenza ad un tessuto comune.
Paolo Greppi, aprile 1993