Paolo Greppi
Umberto Riva
Il suo disegnare, la carta velina da lavanderia, che restituiva l'attrito perfetto alla grafite delle innumerevoli matite che stavano sul suo tavolo, le ripetute riscritture, anche su progetti già realizzati (ricordo un momento nel suo studio in Via Vigevano, ogni tanto andavo a fargli visita: stava cambiando le proporzioni di una finestra della casa ad Otranto, già realizzata!), il suo considerare la vita che si sarebbe svolta quotidianamente negli spazi che progettava, sia dal punto di vista funzionale, che da quello della luce, dei colori, dei materiali, ma sopra tutto: delle emozioni...
tutto ciò, e molto altro, non era maniacalità per il dettaglio, era sincerità; non era vuoto formalismo, era ricerca profonda sulla fenomenologia dello spazio, era l'onestà dell'intellettuale e dell'artigiano che non può fare a meno di andare fino in fondo, con tutte le sue forze, sempre.
Credo che, quando viene a mancare un Maestro, sia necessario farci una promessa: essergli fedeli, anche se è sempre più difficile, soprattutto oggi, tenere in vita l'Architettura.
25.VI.2021
Ciao Umberto
P.G. 25.06.2021