Paolo Greppi

Krzysztof Kieślowski/Agostino Ghilardi

La scultura martoriata di Agostino Ghilardi mi ha portato al dolore della guerra che si sta consumando in questi tristissimi giorni. A pochi chilometri dai luoghi di tale violenza, nel 1941 nacque, a Varsavia, un grande regista: Krzysztof Kieślowski. 

Oggi ricorre il ventiseiesimo anniversario della sua morte.

Ho amato ed amo tutti i suoi film.

I motivi sono molti, sarebbe troppo lungo elencarli. Uno, in particolar modo però, affiora alla mia memoria in questi momenti, e proviene dalle dieci pellicole del "Decalogo": la capacità di mettere lo spettatore di fronte a questioni etiche capitali dove la scelta da compiere è difficilissima e di condurre lo sviluppo temporale del film in modo da mettere chi lo segue, di fronte al dilemma, come se la decisione fosse sua. Non solo: la maestria della sceneggiatura, oltre a quella della regia, riescono a smontare le certezze dello spettatore, mettendolo spesso di fronte ad una inconfutabile verità, opposta alla propria visione della realtà. Così come il giudice Joseph Kern, interpretato da Jean-Louis Trintignant, nel film "Tre colori - Film rosso", confessa: “E questo vale per tutti coloro che ho giudicato: nella stessa vita, in quelle circostanze, avrei rubato, avrei ucciso, avrei mentito. Sicuro. Ho condannato perché non ero nella loro pelle, ma nella mia.”

Parole che risuonano nelle sorti dell'umanità, come nel dramma che stiamo vivendo.

P.G. 16.03.2022


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