Paolo Greppi

I poeti risolvono

Tempo fa visitai l'Eremo di San Paolo, nei pressi di Arco di Trento. Il cammino per giungervi non fu difficile, come per altri eremi. La porta era chiusa. Mi dovetti accontentare della vista dall'esterno, con la massa incombente della roccia sovrastante, e con le mie domande da architetto su come sarebbe oggi impossibile realizzare un edificio come questo, non per ragioni tecniche, ma per insuperabili vincoli legislativi. Riuscii, però, ad intravedere l'interno attraverso l'apertura sulla porta d'ingresso. Luce fioca, polvere, umidità e insoddisfazione per non poter entrare. Insoddisfazione per non potermi mettere nei panni dell'eremita, per non poter provare oggi un frammento della solitudine di più di ottocento anni fa.

Rainer Maria Rilke, in una lettera del 1897, mi sollevò dalla delusione, descrivendo l'interno con poche parole, che nulla aggiungevano a ciò che i miei occhi avevano visto. Ma aggiunse l'immaginazione:

“La porta accanto all'altare gettava un'ombra così incerta e tetra, che avevo ad ogni istante l'impressione di vedere nel suo lieve ritrarsi il profilo grinzoso di una figura di vecchio monaco che con un volto di pietra si preparasse a officiare un freddo ufficio funebre. E durante le sue preghiere le candele si sarebbero accese pian piano, si sarebbero sprigionate nuvole d'incenso e un canto profondo si sarebbe destato nell'entrata rupestre. …E vidi, fuori, la luminosa terra di primavera, nella quale i mandorli con giubilo silenzioso levavano alta la loro giovane esuberanza floreale.”

(R. M. Rilke, Lettera a Mathilde N. Goudstikker dopo la visita all'Eremo di San Paolo, Arco, 23.03.1897)

I poeti risolvono.

P.G. 02.03.2021


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