Paolo Greppi
Favole al telefono
Frequentavo la quinta elementare. Era il 1976.
La scuola, ancora oggi esistente, pareva uscita da una fotografia di Luigi Ghirri, ma al tempo, chi poteva conoscere questo nome? (Luigi Ghirri aveva iniziato a fotografare da sei anni).
Anche se a posteriori, l'emozione che suscitava in me, è la stessa che mi coglie oggi nel guardare le immagini costruite dal maestro della fotografia italiana.
Le pavimentazioni in marmette di cemento esagonali, rosse, bianche e nere, ci costringevano a salti diagonali, gli stessi che governano alcune piante di edifici di Frank Lloyd Wright (ma al tempo, come potevo conoscere questo nome? Stessa emozione...).
La cattedra aveva una struttura in tubolare metallico tondo con raccordi curvi, con piano in legno rivestito di formica verde chiarissimo, evidentemente discendente dagli arredi disegnati da Giuseppe Terragni (ma al tempo, come potevo conoscere questo nome? Stessa emozione...).
Quando la lezione finiva in anticipo, la maestra estraeva dal cassetto un libro: "Favole al telefono", e ne leggeva una.
Era un momento magico. Un po' perché di lì a poco si tornava a casa, ma soprattutto per due altri motivi.
Il primo era il fascino di quel cerchio arancione (opera magistrale di Bruno Munari, ma al tempo, come potevo conoscere questo nome? Stessa emozione...), che ricordava il disco combinatore per la composizione dei numeri dell'apparecchio che tutti avevamo nelle nostre case (il telefono Siemens S62). Ma con una differenza: i fori del disco, trasparente ed ingiallito nel telefono di casa, non servivano per far entrare le dita, ma per far uscire piccole icone arancioni, dal significato misterioso, ma amichevole. E poi, i fori erano nove, non dieci; e lo zero, mi chiedevo, forse non conta?!?
Il secondo motivo riguardava il testo, narrato da una voce lontana (telefono: composto dal greco antico τηλε-, "lontano", e φωνή, "voce"), ma così vicina per noi bambini. Vicina perché ne coglievamo solo l'ironia, la leggerezza e la soluzione di ogni difficoltà con lo scarto della fantasia.
Credo, dopo più di quarant'anni, che l'emozione provata allora per la 'forma' del testo di Gianni Rodari, corrisponda esattamente al suo contenuto: la fantasia.
Oggi, a cento anni dalla nascita del poeta, è un nostro dovere seguirne lo spirito, attuale più che mai.
"Nel paese della bugia, la verità è una malattia." Gianni Rodari
P.G. 23.10.2020