Paolo Greppi

Fotografia ed autoanalisi

La fotografia accompagna da sempre il mio mestiere di architetto con un ruolo ancillare, ma ha trovato terreno fertile nel 2020, durante la pandemia, prendendo autonomia e producendo un certo corpus di immagini. La riflessione interiore attraverso l’immagine, in questi anni difficili ha sempre cercato una corrispondenza nel testo che la accompagna. Il termine corrispondere (lat. con-respicere: riguardare insieme), apre un percorso che pone quindi in relazione, la parola e la fotografia, in un rapporto privo di connotazioni didascaliche o letterali, e pervaso dall’accrescimento della reciprocità fra le due espressioni.

Non è la bellezza della singola fotografia che mi attrae, poiché spesso la qualità dell’immagine è un dono del caso o dell’inconscio, ma il discorso complessivo che un insieme di immagini costruisce. Per questo motivo, a posteriori, ho cercato una sorta di sistematizzazione per temi all’origine del percorso composto da immagini apparentemente indipendenti. Non si tratta di una teoria: non credo alle teorie, e nemmeno di una poetica, ma del disseppellimento degli archetipi che a nostra insaputa governano le nostre azioni. È possibile che si tratti di un’inutile astrazione, influenzata dal momento, ma risulta comunque uno strumento di autoanalisi, che può, all’occorrenza, essere utile anche ad altri.

Il formato, costante, è di 9:16, una rotazione di 90 gradi del formato widescreen (16:9, che, rispetto al tradizionale 4:3, rende disponibile un’area maggiore sui lati destro e sinistro dell’immagine), che disposto in verticale, permette di indagare con intensità il rapporto terra-cielo e quindi, metaforicamente, la contrapposizione tra immanenza e trascendenza.

P.G. Gennaio 2024