Paolo Greppi
Alessandro Antonelli
Levitas/Gravitas
Sono convinto che Alessandro Antonelli, consapevolmente o meno (ma questo non fa differenza alcuna), quando, nel 1873, all'età di settantacinque anni, dopo dieci anni di interruzione dell'incarico per la cupola della Basilica di San Gaudenzio poiché la committenza non credeva più in lui, affidò a Pietro Zucchi il compito di fondere in bronzo il Cristo Salvatore da porre in cima alla guglia, non ebbe un solo momento di esitazione sulla posizione da far assumere al corpo della statua: la leggerezza doveva soffiare tra le sue membra.
La levità, contrapposta alla gravità, nel cuore dell'Architetto visionario, rappresentava il compimento vittorioso di una fatica durata trentasette anni.
Ancor oggi il Salvatore, a 121 metri da terra, sulla sommità di uno degli edifici in soli mattoni più alti del mondo, pare danzare, indifferente al fatto che il suo corpo non sia più di bronzo e oro, ma di resina e vetro, rappresentando la supremazia dello spirito sulla materia.
In quegli anni Friedrich Nietzsche stava scrivendo queste parole:
"Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l'ho sempre trovato serio, radicale, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, grazie a lui tutte le cose cadono. [...] Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo.“
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, 1883-1885).
Zeitgeist? Sincronicità? Con tutte le contraddizioni del caso...
Novara, Basilica di San Gaudenzio, Cupola
Alessandro Antonelli, 1841-1878
P.G. 18.09.2021